Chi era Anna Politkovskaja, la reporter russa che osò denunciare il regime di Vladimir Putin, gli eccidi della guerra in Cecenia e gli orrori perpetrati da Ramzan Kadyrov?
Per scrivere il mio romanzo Anna Politkovskaja. Reporter per amore edito da Morellini ho studiato la sua vita. Letto i libri che ha scritto e che su di lei sono stati scritti. Ho intervistato le persone che le sono state vicine: la sorella Elena, l’amica Nadia, l’inviata Stella Pende… Poi, intorno alla sua biografia, ho costruito una cornice narrativa che ha reso più accattivante la sua biografia, già però molto avvincente.
A seguire, un capitolo alla volta, ecco la biografia, completa e approfondita, di Anna Politkovskaja, la grande reporter russa che, fino all’ultimo, fu una spina nel fianco per Vladimir Putin, Ramzan Kadyrov e tutti i soldati russi che, in Cecenia, si macchiarono di reati gravissimi.
Questa è la quarta puntata. La terza è: Anni Novanta
Ecco la vera storia di Anna Politkovskaja.
Anna scopre la Cecenia
“A Grozny la vita è un unico grido d’aiuto”
Diciamolo subito: Anna Politkovskaja non era cecena, non aveva parenti ceceni né alcun legame con questa minuscola repubblica che le lotte (e le sofferenze) legate all’indipendenza le ha nel Dna. L’interesse che svilupperà negli anni per questa sventurata nazione è di tipo prettamente giornalistico; la pietà verso la sua popolazione le scaturisce direttamente dal cuore.
La sua famiglia era, però, di origine ucraina. E ci chiediamo come avrebbe vissuto, nel 2022, questa ennesima guerra intentata da Putin.
In Cecenia, i moti indipendentisti “moderni” iniziano nel 1991. La situazione interna è confusa, con diverse fazioni che si combattono. Il Paese sembra sempre sull’orlo della guerra civile. Nei tre anni successivi, decine di migliaia di persone di etnia non cecena (russi, ucraini, armeni) lasciano il Paese, denunciando violenze. In conseguenza della partenza di molti lavoratori russi, l’industria decade. Prende il potere Dzochar Dudaev, politico e militare ceceno, che si batte per l’indipendenza da Mosca. A osteggiarlo i ribelli, che chiedono e ottengono l’aiuto di Mosca.
Eltsin, nel frattempo, ha bisogno di un’iniezione di popolarità. Quale modo migliore per ottenerlo che compattare il Paese contro un nemico comune? E questo nemico diventa proprio la Cecenia, a cui viene dichiarata guerra.
Gli scontri armati vanno avanti per due anni, fra eccidi e crudeltà. Televisioni e giornali, che vivono una (purtroppo solo momentanea) fase di libertà di espressione, documentano le atrocità del conflitto, con la conseguenza di far diminuire ulteriormente la popolarità del presidente Eltsin, già ridotta al lumicino.
Non solo, nonostante la superiorità di uomini e mezzi, l’esercito russo non riesce a imporsi. Senza contare che, da ambo le parti, le perdite sono davvero ingenti. Difficile avere numeri ufficiali, perché al variare delle fonti i numeri cambiano notevolmente. Secondo il Nvo (Rivista militare indipendente), un settimanale militare russo, i soldati russi morti furono almeno 5.362, i feriti o mutilati 52.000 e più di 3.000 i dispersi. Il numero dei ceceni uccisi potrebbe arrivare anche a 100mila, di cui molti civili (non furono risparmiati né bambini né donne).
E così, a fine 1996, Eltsin mette un punto alla guerra e l’anno dopo viene firmato un trattato “sulla pace e sui principi delle relazioni russo-cecene” che secondo l’allora presidente Aslan Maschadov avrebbe eliminato “qualunque base per creare cattive relazioni fra Mosca e Grozny”. Be’, auspicio ambizioso e poco profetico, come vedremo più avanti.
Per capire come nasce l’interesse di Anna nei confronti di questa causa, facciamo un passo indietro. Siamo nell’agosto 1996, alla fine della Prima guerra cecena. Anna vuole scrivere un articolo sul primo giorno di scuola dei bambini ceceni fuggiti con le famiglie a Mosca. Sa che hanno abitudini particolari, come quella di portare dei mazzi di fiori a scuola. Per documentarsi telefona all’attivista Svetlana Alekseevna Gannushkina, in prima linea nella difesa dei diritti dei ceceni.
“Fu mio compito disilluderla. Le spiegai la situazione: le famiglie cecene che arrivavano a Mosca erano clandestine, a meno che non avessero la registrazione, cioè una sorta di permesso di soggiorno che veniva concesso solo in casi particolari. Non avevano mezzi di sostentamento, non potevano mandare i figli a scuola né avevano cibo da mettere a tavola” racconta la Gannushkina.
E allora Anna cosa fa? Lo racconta Anna Raffetto, sua traduttrice italiana, in un incontro pubblico ripreso da Radio Radicale: “La Politkovskaja rimane molto colpita dal racconto. Così va nella redazione del giornale in cui lavora, la Obščaja Gazeta, e qui, tra i suoi colleghi, fa una colletta per i ceceni. Poi porta i soldi alla Gannushkina, nel centro che lei dirige. Quindi resta tutto il giorno lì, a vedere in che condizioni si trovano le persone, controllare che i soldi vengano distribuiti. È in quel momento che si accende in lei l’interesse per la Cecenia, che poi diventerà un impegno militante”.
A quell’epoca, però, la situazione non è difficile solo per i ceceni. Anche molti russi fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Tanti negozi hanno le serrande abbassate. Il divario fra ricchi e poveri non è mai stato così evidente: per le strade di Mosca circolano le Rolls Royce dei nuovi ricchi, mentre sui marciapiedi si affollano i mendicanti. Ci sono ladri ovunque, la criminalità dilaga, i prezzi sono alle stelle.
Tutto ciò aveva contribuito ad appannare l’immagine di Boris Eltsin che, come sappiamo, ci metteva del suo. All’alcolismo si accompagnava ora una salute malferma. Le ultime elezioni parlamentari erano state vinte dal partito comunista, che alle elezioni presidenziali gli aveva opposto il candidato Gennadij Zyuganov. Le previsioni avevano dato Eltsin in netto ritardo sul rivale, ma a sorpresa poi le elezioni (con qualche provvidenziale ma mai provato aiutino) lo avevano confermato alla guida della Russia con un sorprendente 54% dei voti. Per molti, questa è una vittoria di Pirro che non cambia, ma anzi accelera, il corso del Paese verso il suo destino: gli oligarchi diventano sempre più potenti, l’economia marcia inesorabile verso il default, in Cecenia gli indipendentisti si riorganizzano e lo stesso Eltsin viene sottoposto a una delicata operazione al cuore. Gli vengono messi ben cinque bypass e deve affrontare una lunga convalescenza.
E arriviamo a un anno clou: il 1998.
Anna compie 40 anni. Come tutte le età “tonde” questa comporta un bilancio.
I figli sono grandi: Ilya ha vent’anni, Vera 18.
Il marito è in una fase discendente della sua carriera, con il meglio ormai alle spalle. Farà molti tentativi e percorrerà strade diverse, ma la grande popolarità del programma Vzgljad non la raggiungerà più. Lavora in un paio di programmi tv, ma gli ascolti sono in calo tanto che vengono poi cancellati dai palinsesti.
Anna dal canto suo, lavora sempre per la Obščaja Gazeta. È una cronista brillante, attenta, scrupolosa. E, anche se ancora non lo sa, a un passo da una svolta. Quella in grado di imprimere una nuova direzione alla sua carriera e alla sua vita. Proprio nel 1998, Anna si reca per la prima volta in Cecenia, a intervistare il presidente Aslan Maschadov.
Descrive così quell’esperienza: “La prima volta che entrai in Cecenia ebbi la sensazione di trovarmi in un ripostiglio. Una stanzetta buia in cui nessuno dovrebbe guardare. Il saluto che i ceceni si scambiano non è buongiorno o buonasera, ma ‘Ti auguro la libertà’. Quella che non hanno mai avuto. I ripostigli non sono stanze autonome, ma servono a qualcosa. Non ci si abita: si va per sfruttarli. Non si ficca il naso nei ripostigli”. E ancora: “Essere una persona in Cecenia non ha lo stesso significato che in Occidente. Una persona in Cecenia è un soggetto biologico privo di qualsiasi diritto e della possibilità di contare sullo Stato”.
Dopo di allora, e nel corso della sua vita, Anna in Cecenia andrà oltre 40 volte, nella maggior parte dei casi da clandestina, con tutto il corollario di pericoli e privazioni del caso. Soffrirà la fame e la sete, riceverà minacce di morte, subirà attentati e rischierà di morire. Ma dalla Cecenia tornerà ogni volta, con il suo carico di esperienze da raccontare e articoli da scrivere. Esperienze e articoli che la consegneranno alla storia.
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